MARCO PATUZZI

Inquietudine

Marco_Patuzzi_inquitudine

Sfigurato il passato si appiana
su frammenti di presente divorati
dall’ inquietudine di dover sempre e solo sottostare.
Spigoli ora squarciano
linee programmate sin dalla nascita.
Sisifo è stanco di portare il suo masso.

Scruti mesto l’ oltre nei pressi di una fiumana che silente scorre

scruti mesto l'orizzonte

Scruti mesto l’ oltre nei pressi di un’ algida
fiumana che silente scorre.
Rapito come sei, dai demoni, non ti capaciti
delle indicibili energie che t’ attorniano.
Dei celesti poteri che ti sovrastano.
Nell’ apparente quiete l’ ordine insito delle
cose.
Nella fragorosa quiete l’ intrinseco loro
compenetrarsi.
Vibrazioni queste che non ti lambiscono,
come non ti lambisce cio’ che imperterrito
sottostante scorre.

Il tuo dire

E’ pregno il tuo dire di affilate lame.
Di un esibito diniego l’ esser tuo forse frutto.
Dietro irati intenti celi ricchezze, celi tesori.

Giorni di rabbia

Li hanno dipinti come insetti infestanti.
Come locuste pronte a devastare l’ altrui raccolto.
Nell’ ombra li hanno aspettati.
Con vigore li hanno respinti,
sicuri che dalle loro tane nuovamente usciranno.
Gracili creature in realtà,
finite troppo presto nel recipiente dell’ apparenza.
Componenti, loro malgrado, di un meccanismo
che sulle loro debolezze s’ irrobustisce.

( Poesia questa sulle proteste studentesche dell’ autunno 2012 )

Il tuo raggelante impasto

Marco_Patuzzi_raggelante_imapasto

Confinasti l’apprensione
sotto un soprabito color pesca
conscia che in quell’ antro d’ inconsistenza
il tuo raggelante impasto avrebbe generato
un’ immagine di torpore.


Varcasti fiera quel algido perimetro
scrutando nello spazio una traiettoria
dentro cui confluire.


Vibrò, come previsto, quel moto di sdegno
propagato da quel piglio rapace.


Non ti lasciasti destrutturare,
diventasti però concime
per quel campo di maldicenze.

Nell’ assenza il vuoto della sua presenza.
Nella presenza il vuoto della nostra assenza.
A che pro credere ?

È vile il verbo….

È vile il verbo che la carne cela,
silente demone vi dimora.
Come una serpe nell’ antro cova
prospettando l’ occasione propizia per infierir.

Patria e paura

Un presente assente di principi.
Un malcontento malgestito asservito ad un illusorio ideale
di patria e di paura.

Quel lieto oltre

Quel lieto oltre non t’ acquieta.
Non placa quel demone che vigente sottopelle impera.
Quella vessazione che intima lacera.
Nella fascinazione del creato l’ algida tua indifferenza.
Beltà questa che non smuove.
Dolor, che nel dolor, si consuma.

L’ arcangelo silente

Niente incide quanto l’ angoscia del presente.
Sentirsi spogli, inermi di fronte al mesto immutar delle cose.
L’ arcangelo silente non più prodigo di lieti eventi.

Con saccenza

Apostrofi con saccenza
memore del tuo ruolo di madre.
Sproloqui.
Straripi come l’ argine quando si rompe.
Dietro quel costante agire celi conflitti.
Contraddizioni miste a mestizia.
Affanni i tuoi che diventano sentenze
e che di te dicono molto.

Tempi impervi

Sfibrati da tempi impervi.

Da conflitti che credevamo preclusi a zone remote.

La cui propaganda ora confonde, divide.

E noi ancora a frotte, immemori di quanto , poco tempo prima , vissuto.

Piegati ad un presente di logiche deviate.

Ad un sistema che, nel suo agire, mette l’uomo contro l’ uomo prosciugando, nel frattempo, ogni risorsa.

E noi ancora a frotte, fra due fazioni solo a parole opposte.

Sfiancati da questa deriva chiamata benessere,

la cui patina incanta, illude,

facendoci credere di scegliere.

Facendoci credere di vivere.

L’ uomo solo

Abbandonata la speranza inizio’ l’offesa.

Lo sfregio, il dileggio, per chi da quell’ abbondanza ci aveva tolto,

per chi quel piacere ci aveva privato.

Esaurite le suppliche rimase l’ affanno.

La continua vessazione su un corpo ormai esanime.

Nuovi imperi nascono sul volere di pochi.

Nuovi imperi prosperano sul sangue di molti.

Il cielo ora e’ scarno, forse solo lui compassionevole di questa deriva sfinita.

Deicida l’uomo e’ solo.

L’ incontentabile fiera

Arginasti dietro sbarre di paglia
l’ incontentabile fiera.
Dal manto lucente.
Dagli artigli di sabbia.

Piaghe e pieghe

Infinite son le pieghe, talvolta anche le piaghe
di lettere che ora si lasciano leggere,
di buste che ora non si vogliono chiudere.

Il suo delicato tracciare

Rende sinuoso l’ inconsistente
il suo delicato tracciare silenziose spirali.

Il color della resa

 È tenue il color della resa.

Di una parola ormai spenta ,

senza appigli, nè difesa.

Rabbia, rabbia , ancora rabbia

Rabbia, rabbia, ancora rabbia.

L’ ira protratta dell’ umano sull’ umano.

Il celeste sguardo a ciò dell’ indifferente donavita.

Ombra

Ombra che ad altra ombra si somma.

Nell’ imperterrito susseguirsi delle intemperie.

Nella schiettezza di un molesto dire.

Nell’ inerzia che debilita, dilania.

Un dire

Celi spigoli dietro  una sol apparente ilarità.

Spigoli che parlano d’ ombre.

Di un dire , che nel suo dir tanto , di te dice molto.

Algida rifuggi da quei silenzi fonte d’ insidia.

Da una grazia che caparbiamente celi.

Ombre

Ombre t’ incupiscono.

Celando sottopelle affanni.

Celando, negli anfratti,

quel che l’ altrui sguardo non può cogliere.

Quel languore che ti pervade,

genesi di un dir irto di spigoli.

Frammentazioni

Frammentazioni dell’ essere.

Deragliamenti silenziosi.

Sconvolgimenti compartecipi.

La coda del tempo

C’è una coda del tempo
che non è né immagine, né parola
ma affilata lama
che silente incide la carne.